MA TU LA CONOSCI PAVIA?
Pavia è la città di San Severino Boezio, filosofo fondamentale per la forma del pensiero cristiano, seviziato e ucciso ingiustamente da Teodorico, re degli Ostrogoti che aveva già eletto Pavia una delle capitali del suo regno italico facendo costruire un Palazzo Reale dove oggi si trova l’ex collegio femminile Gandini di fronte all’attuale Municipio.
I resti di San Severino Boezio riposano nella Cripta della Basilica di San Pietro in Ciel d’oro davanti al pozzo la cui acqua era considerata miracolosa e bevuta ritualmente dai Re.
San Pietro in Ciel d’Oro, chiesa a nord della Capitale, costruita su un antico cimitero romano all’interno della quale oltre a Boezio sono sepolti Sant’Agostino, una dei punti di riferimento fondamentali della religione cristiana, Re Liutprando e dove in passato transitarono anche le salme di alcune figure di rilievo del casato dei Visconti compreso Galeazzo II Visconti che costruì nel 1360 lo splendido Castello Visconteo dove Il 17 gennaio 1491, nella cappella ducale del castello, Ludovico il Moro sposò Beatrice d’Este.
San Pietro in Ciel d’oro è citata nel Paradiso di Dante, i cui versi sono scolpiti in una lapide all’ingresso. Anche il Petrarca, innamorato della città, la cita in una bellissima lettera all’amico Boccaccio che invita a vistare questa “splendida città costruita su un altipiano dall’aria salubre”.
Entusiasta di questa descrizione, il Boccaccio vi ambientò l’ultima novella del Decameron, capolavoro della Letteratura italiana e mondiale. Boccaccio ambienta in un bellissimo scenario della parte terza della novella nona della giornata decima del suo Decamerone, la novella, insomma, di Messer Torello da Pavia.
Pavia è citata nel “Decameron” anche nella seconda novella della terza giornata (“Agilulf re de’ longobardi, sì come i suoi predecessori avevan fatto, in Pavia città di Lombardia fermò il solio del suo regno, avendo presa per moglie Teudelinga…)
E senza dimenticare la scuola di studi voluta da Carlo Magno presso l’attiguo monastero, embrione di una delle Università più antiche del mondo, dove a dirigere fu chiamato il monaco irlandese Dungall (Dungallo) e dove si formò il monaco Paolo Diacono, che divenne storico e poeta dei Longobardi, scrivendone la storia; ma anche Carlo Magno si avvarrà dello storico.
Papi e imperatori concessero donazioni e privilegi che tra l’VIII e il XIV secolo ne fecero uno dei più potenti e significativi centri culturali e religiosi del Medioevo europeo.
Vi furono ospitati importanti personaggi come San Maiolo e l’imperatore Enrico Il.
Non c’è più il palazzo imperiale costruito da Teodorico dove poi vissero Alboino e Teodolinda, trasferitisi poi a Verona per paura delle tresche di Palazzo, Rotari e Liutprando e tutti i Re longobardi a seguire…. e quel Ariperto II che rubò tutto il tesoro di palazzo e affogò in Ticino con il peso di tutto l’oro,
e nemmeno l’originale della statua equestre detta Regisole in faccia alla cattedrale, forse anticamente meccanica come usava a Bisanzio,
svanite le tracce anche dell’anfiteatro e delle terme frequentate da Teodote, splendida fanciulla romana di cui Re Cuniperto si invaghì e dopo averle usato violenza con inganno la fece rinchiudere in monastero, detto della Pusterla di cui oggi esiste ancora la via, dove i resti di Teodote, diventata Badessa, riposarono a lungo e i cui Plutei, lastre di marmo capolavoro di scultura dell’epoca, sono visibili nel Museo del Castello Visconteo.
Possiamo supporre il luogo dove venne emanato l’Editto di Rotari promulgato alla mezzanotte fra il 22 novembre e il 23 novembre del 643 e che cambiò la storia del diritto medioevale…e poi ancora la casa di Spallanzani…
….la cripta di Sant’Eusebio, basilica ariana dei Longobardi proprio sotto le tre enigmatiche torri medioevali, parallelepipedi altissimi fino a 50 metri, dall’utilizzo non ancora chiaro, simboli della città,…e poi ancora il naviglio progettato da Leonardo che visse in città diverso tempo all’Osteria del Saracino in compagnia del suo allievo e forse amante prediletto, Giagiacomo Caprotti detto il Salai, che alcuni studiosi vogliono sia in realtà il viso prestato alla Gioconda.
Leonardo studiò la costruzione del Duomo dalla forma circolare come ritroviamo nei suoi noti disegni che ricopiano la chiesa Santa Maria delle Pertiche, dove i Longobardi avevano un cimitero e ponevano una colomba su ogni palo in ricordo dei guerrieri morti in battaglia.
E a proposito di Regisole… Leonardo passò molto tempo a disegnare diverse versioni del cavallo del Regisole per progettare quello promesso a Ludovico il Moro e quindi non ispirandosi come dice la storia al Marco Aurelio, ma alla statua pavese difronte al Duomo…”che come più di ogni altra statua di cavallo, sembra dotata di movimento”.
E poi c’è un’altra targa antichissima che ricorda l’entrata in Pavia, dopo tre anni di assedio, del re longobardo Alboino, che cadde da cavallo nel 572 dc proprio in quel punto, a metà circa dell’attuale Corso Garibaldi.
Inferocito dai tre anni di assedio e dalla caduta promise razzie immani.
Qualcuno gli suggerì che il cavallo si fosse accasciato per la sua promessa di radere al suolo la città e lo invitò a ritirare il suo verdetto per scongiurare il maleficio e ciò fatto il suo cavallo di colpo si rialzò e un panettiere pavese donò a lui, in segno di pace, un dolce a forma di colomba, ed essendo Pasqua, la colomba divenne il dolce simbolo di pace e della Pasqua in tutto il mondo.
Una seconda versione della leggenda vuole che invece il dolce fosse un pane ricco di uvetta, cioè il Panettone, e quindi che proprio li fosse nato il dolce che sta facendo impazzire gli americani in questi anni.
E che dire di Francesco Petrarca di casa vicino alla piazza che oggi porta il suo nome e dove anticamente svettava una torre che fu la prigione di Severino Boezio?
Il grande letterato visse in vari momenti in quella città che ormai si chiamava Papiae, nel periodo dal 1353 al 1361, allorché scrisse in venti epistole, contenute nel Regesto, tutto il suo amore per Pavia facendola conoscere a tutto il mondo allora conosciuto, amore che dichiarò anche all’amico Giovanni Boccaccio in una famosa e splendida lettera.
Il Petrarca a Pavia perse il nipotino di due anni, sepolto in una chiesa in centro vicino alla tomba di San Zeno. Della chiesa di San Zeno restano alcuni ruderi in piazza Guicciardi.
Pavia fu il centro del potere iconografico e fino al 1200, una delle tre città più importanti d’Europa, la città dove venivano incoronati re e imperatori, tanto che in Vaticano un documento ricordava:
“Come Roma incorona l’imperatore con il suo papa nella chiesa di San Pietro, così Pavia con il suo vescovo incorona il re nella chiesa di San Michele maggiore, dove di trova una pietra rotonda con quattro altre pietre rotonde”.
…E alla fine ti accorgi che Pavia non è la classica città di provincia, forse nemmeno di provincia, ma un’antica capitale, una metropoli mancata, un concentrato sconosciuto di storia, di quella che ha cambiato le cose, gli uomini, i tempi.
Una città con 25 mila studenti universitari su nemmeno 100mila abitanti dove hanno studiato o insegnato nomi illustri di oggi e di ieri come il Nobel Rubbia, Pannella, Vecchioni, Foscolo, Carducci, Volta, Forlanini, Golgi, Galvani, Beppe Severgnini, Samantha Cristoforetti, il Nobel Giulio Natta e molti altri…
Nobel e inventori, scienziati e letterati, artisti e poeti che forse passavano frettolosi davanti all’ingresso dell’Università in Strada Nuova, dove di fronte si trova l’antica pasticceria Vigoni che inventò la Torta Paradiso e Torta Margherita.
Bella da morire, misteriosa e antica, una nobile dama che ritrosa, non si lascia scoprire, ma si da poco alla volta fra quei vicoli nebbiosi che sanno di legno bruciato nei camini e antiche pietre in cotto rosso come le sue cento torri altissime da far vergognare Bologna.
Pavia discretamente aristocratica, inspiegabilmente dimenticata, colta e dotta, romantica e dalla storia ingiustamente ignorata anche e soprattutto dai suoi abitanti, che ha regalato pagine di storia immortali, che ha visto gli uomini che hanno cambiato la storia, con il suo dialetto ricco di suoni francesi e tedeschi, quasi un milanese con i primi soffi di emiliano.
La sua storia è quella di una grande città concentrata in strette mura e un borgo aldilà di quel amato fiume che i pavesi di Burgh-à-Bass, quasi una città nella città in riva al Ticino, chiamano “Canàl”, quasi fosse fatto da loro, tanto è pavese il Ticino.
Tanto bella che basta un po’ di pioggia per diventare così magica che se ti capita di fare due foto a caso fra i vicoli dal lucido selciato di sassi, lei ti regala immagini irripetibili, lei che fu prima una delle capitali del Regno Ostrogoto con Teodorico e poi per 200 anni la capitale del Regno Longobardo e quindi di quasi tutta la penisola e poi ancora per secoli la città dove venivano incoronati i Re italici e imperatori con una cerimonia ricca di rituali antichi ed esoterici e riti quasi magici che si fondono con arcaici simbolismi con cui fu costruita San Michele, un posto mistico e quasi mitologico stracolmo di magia, mistero e phatos alto medioevale.
Anzi San Michele è il simbolo del Medioevo: quando si smise di incoronare i Re, verso la fine del 1100, iniziano i bagliori dell’era dei Comuni, progenitrice del Rinascimento, da cui Pavia rimase esclusa, soggiogata da Milano, brinata nel suo essere futura metropoli europea e questo spiega un centro storico così enorme rispetto alla città ridotta che poi è rimasta.
Pavia è un’antica bomboniera in cui trovi tutto quello che ti puoi immaginare in una fiaba medioevale: i draghi, i grifoni, i diavoli e le sirene di San Michele, i fantasmi dei santi condannati a morte, i re e imperatori, le nebbie, i barbari, le leggende, le regine coraggiose, le epiche battaglie di Re e Imperatori, i lunghi assedi, antichi monasteri e angeli impressi nei muri, pozzi di acque miracolose, alberi magici che guariscono bimbi e antichissime chiese per battezzare solo fanciulle le altissime torri squadrate e gli intrallazzi di Palazzo, i vescovi che diventavano tutti Santi, le cripte antiche, i monasteri di Badesse stuprate e leggende di fiume.
Pavia è il fascino dell’Europa che inizia dove ormai il Mediterraneo è solo un ricordo,…..e se ci passi una sera d’inverno, con la nebbia, fra i suoi antichi vicoli e i cento monasteri medioevali, fra le sue altissime enigmatiche torri o la penombra di chiese millenarie, scopri che è una delle città più fiabesche e misteriose d’Italia, e non te la dimentichi più,
proprio come una bellissima donna…
Fabio Greggio per Pavia Fanpage